
Il Consiglio di Stato sanziona il Ministero riguardo alle specializzazioni per il sostegno in Spagna
Ancora una volta, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è intervenuta su un tema ormai cruciale e reiterato: il riconoscimento dei titoli di specializzazione conseguiti all’estero, imponendo al Ministero dell’Istruzione e del Merito un adeguamento alle direttive già chiaramente espresse nelle sentenze gemelle n. 18, 19, 20, 21 e 22 del 2022. Queste sentenze avevano stabilito linee guida precise e vincolanti, per garantire che i cittadini italiani con titoli esteri ottenessero pari opportunità di accesso al lavoro e alla formazione in Italia, superando le barriere burocratiche che hanno a lungo ostacolato il processo.
Il 22 aprile 2024 è stata pubblicata la decisione n. 6/2024, con la quale il Supremo Consesso di Giustizia Amministrativa ha nuovamente sanzionato il Ministero per il ritardo ingiustificato e dannoso nell’evasione delle istanze di riconoscimento dei titoli acquisiti in Spagna. Il Consiglio di Stato ha rilevato una situazione di inottemperanza continua, sottolineando come, nonostante le precedenti disposizioni, il Ministero non abbia ancora adottato le misure necessarie per garantire l’accesso dei titolari di questi titoli alla professione di docente in Italia.
Nel tentativo di rispondere alle esigenze organizzative e procedurali sollevate, il Ministero ha recentemente introdotto alcune modifiche per ottimizzare la gestione delle pratiche di riconoscimento. Ha infatti incrementato le risorse economiche e di personale all’interno degli uffici competenti e affidato al CIMEA (Centro di Informazione sulla Mobilità e le Equivalenze Accademiche) l’istruttoria delle pratiche, nel tentativo di accelerare e semplificare i procedimenti. Tuttavia, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto che tali miglioramenti, sebbene apprezzabili, non siano sufficienti per colmare il pregiudizio subito dai richiedenti, che ad oggi, nonostante una sentenza positiva a loro favore, non hanno ancora ricevuto risposte concrete e tempestive.
Di fronte a questo scenario, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso all’ottemperanza avanzato da vari ricorrenti, volto all’esecuzione delle sentenze già emesse. La decisione ribadisce come sia indispensabile che il Ministero si conformi agli indirizzi giurisprudenziali stabiliti nelle sentenze del 2022, che hanno chiaramente delineato i criteri di valutazione e le modalità con cui il Ministero dovrebbe procedere per il riconoscimento dei titoli stranieri.
Le sentenze del 2022 avevano già stabilito che “spetta al ministero competente verificare se e in quale misura le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da un altro Stato, la qualifica e l’esperienza ottenute siano idonee, anche parzialmente, a soddisfare le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia”. Tale procedura prevede l’adozione di eventuali misure compensative, in conformità con l’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE, per colmare eventuali lacune rispetto alla formazione richiesta in Italia.
Nonostante queste direttive, il Ministero ha ripetutamente omesso di emettere provvedimenti adeguati e specifici per ciascun caso, limitandosi a procrastinare o, in altri casi, a respingere senza un’analisi dettagliata delle competenze effettivamente acquisite durante il percorso di studi estero. Questo comportamento ha portato il Consiglio di Stato non solo a ribadire la necessità di una decisione conforme ai principi enunciati, ma anche a condannare il Ministero al pagamento di 3.000 euro per le spese legali sostenute dai ricorrenti.
Con questa sentenza, l’Adunanza Plenaria si esprime non solo sulla specifica inottemperanza, ma anche sulla problematica più ampia e sistematica di riconoscimento dei titoli esteri in Italia. L’assenza di un iter chiaro e uniforme per la valutazione delle competenze trasversali acquisite all’estero rischia di frenare il percorso professionale di molti cittadini italiani, che hanno investito tempo e risorse in percorsi formativi fuori dal Paese. La sentenza n. 6/2024 richiama dunque il Ministero a un impegno rinnovato verso l’adozione di linee operative conformi alla normativa europea, nel rispetto del diritto dei cittadini alla mobilità professionale.
Questa decisione, che si inserisce in un contesto di lunga durata e complessità, rappresenta un ulteriore tentativo del Consiglio di Stato di garantire la tutela giuridica e il diritto alla parità di trattamento dei titolari di titoli esteri, per superare le barriere burocratiche che limitano l’accesso a posizioni professionali e di insegnamento nel sistema italiano.
”Non estiste alcuna differenza ai fini del riconoscimento tra títulos propios e oficiales”
Questo principio trova applicazione per tutti i titoli di studio e qualifiche professionali conseguiti all’estero, siano essi titoli di abilitazione all’insegnamento o specializzazioni nel sostegno didattico. In particolare, per i titoli TFA Sostegno ottenuti in Spagna, la giurisprudenza amministrativa ha sottolineato un aspetto chiave: la differenza tra “titulo oficial” e “titulo propio” non deve essere considerata un elemento dirimente ai fini del riconoscimento in Italia. La distinzione tra questi due tipi di titolo, che in Spagna rappresentano rispettivamente un titolo riconosciuto ufficialmente a livello statale e un titolo emesso dall’Università ma non accreditato dal Ministero dell’Istruzione spagnolo, non è di per sé rilevante per determinare la validità o l’equipollenza ai fini professionali in Italia.
La normativa italiana prevede, infatti, che un rigetto basato esclusivamente sulla tipologia di titolo risulti illegittimo se non è accompagnato da un’analisi approfondita e concreta. In conformità con quanto stabilito dall’Adunanza Plenaria, qualsiasi decisione negativa deve essere sostenuta da una valutazione comparativa e rigorosa tra la formazione acquisita all’estero e quella richiesta in Italia per l’accesso alla stessa professione. Questa valutazione deve basarsi sulle conoscenze e competenze realmente acquisite durante il percorso formativo estero e sulle esperienze professionali svolte nel contesto del Paese di origine. Senza questa analisi, il rigetto del titolo risulterebbe privo di fondamento e, quindi, illegittimo.
Inoltre, è importante evidenziare che, per poter essere considerati validi in Italia, i titoli conseguiti all’estero devono essere corredati dalla “dichiarazione di valore”. Si tratta di un documento emesso dal Consolato italiano nel Paese dove è stato conseguito il titolo, che certifica sia la legittimità del percorso di studi sia l’appartenenza del titolo al sistema accademico e scolastico ufficiale del Paese d’origine.
Alla luce di questa normativa, nel caso in cui venga presentato un “titulo propio” con finalità professionali, il Ministero dell’Istruzione italiano ha il dovere di procedere con la valutazione comparativa del titolo, purché esso sia stato rilasciato da un’Università legalmente riconosciuta in Spagna e non da un ente di formazione non universitario. Questo processo comporta un confronto tra i contenuti formativi e l’esperienza pratica svolta all’estero con quelli previsti per i percorsi italiani equivalenti. Qualora vengano individuate delle lacune rispetto ai requisiti italiani, il Ministero ha la facoltà di prescrivere misure compensative adeguate, come la frequenza di corsi integrativi o l’espletamento di un tirocinio formativo fino a un massimo di 300 ore, per allineare le competenze del candidato a quelle richieste in Italia.
Pertanto, in assenza di una decisione che rispetti pienamente questi principi e procedure, la condanna dell’Amministrazione risulta non solo giustificata ma anche necessaria per garantire l’osservanza dei diritti dei cittadini e il rispetto delle normative europee e italiane sul riconoscimento dei titoli esteri.